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Alessandro Lo Piccolo lascia dopo aver vinto il campionato con l’Altarese: “Il calcio mi mancherà”

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Altare. Alessandro Lo Piccolo, poteva “appendere gli scarpini al chiodo” solo in un modo: vincendo con l’Altarese il campionato. E da autentico signore, per prima cosa si rivolge a chi gli ha concesso di vivere quest’ultima esperienza di calcio giocato: “Ringrazio il sig. Eldo Beltrame e mister Ermanno Frumento per avermi concesso di esprimermi in un ambiente, fatto a misura d’uomo, come quello di Altare. Il calcio mi mancherà, ma almeno potrò godermi la crescita dei miei due figli, assaporando il gusto di domeniche ‘diverse’ da quelle vissute per tanti anni”.

Palermitano di nascita e di tifo calcistico, il giovanissimo Lo Piccolo brucia letteralmente le tappe, esordendo a 14 anni in Eccellenza, con il Nissa (di Caltanisetta, allenata dal mister Giovanni Pecoraro) e – con a fianco un altro Pecoraro (Luigi) -, realizza la bellezza di 14 reti. “Purtroppo – ci dice Lo Piccolo – Luigi è mancato, ma non passa un giorno che non pensi a lui”.

L’esplosione del giovane talento è notata prima dall’Alcamo, dove gioca tre anni in Serie D, vincendo Coppa Italia e Supercoppa e subito dopo dal Palermo, che lo fa giocare nel campionato Primavera e lo aggrega spesso alla prima squadra.

“Nella Primavera siciliana giocavo con i fratelli Giacomo e Giovanni Tedesco, con l’ex Avellino e Perugia Giovanni Ignoffo e con l’ex allenatore del Genoa Fabio Liverani”, ci racconta Alessandro, continuando: “Nella rosa della prima squadra rosanero, guidata da Gaetano Salvemini, c’erano giocatori del calibro di Brambati, Maiellaro, Campilongo, Fiorin ed anche Pasquale Iachini, il tecnico che proprio quest’anno ha riportato il Palermo nel calcio che conta”.

“Sono stati anni bellissimi, dove si giocava un calcio vero e i rapporti coi compagni erano ricchi di valori umani, che purtroppo oggi stanno scemando”.

Gli anni successivi all’esperienza rosanero, lo vedono ancora in Serie D, con il Locri (in Calabria), nel Chiusi (Toscana) ed in Trentino nella Setta Aurense.

In seguito, per ben 7 anni, la Valle d’Aosta diventa la sua casa: “Aosta è una città che mi è rimasta nel cuore. Mi sono integrato a meraviglia in questo stupendo angolo d’Italia e ho ancora amici con i quali mi sento spesso. Anche in questo caso, purtroppo, uno di loro non c’è più, parlo di Enzo Sorrenti, un amico inseparabile, sia in campo che fuori”. Lo Piccolo lascia il segno vincendo tre campionati di Eccellenza, giocando, tra l’altro, anche lì (quasi fosse una premonizione) con compagni di squadra liguri “di nome”, come Roberto Iannolo e Luca Spatari.

Dopo la Vallée, infatti, Lo Piccolo si trasferisce in Liguria, dove da autentico “globetrotter”, veste molte casacche: Rapallo, Cogoleto, Albissola, Quiliano, San Nazario, Sassello, Pallare, Legino ed Altarese.

Dopo il “revival” del suo passato, gli facciamo un po’ di domande.

Cosa ti ha dato il calcio?
“Prima di tutto mi ha tolto dalla strada. In Sicilia, ai tempi della mia adolescenza, il lavoro latitava, per cui poteva capitare anche di imboccare strade sbagliate. Ma, al di là dei luoghi comuni, mi ha arricchito sul piano umano, permettendomi di crescere e diventare prima un buon marito e poi un padre di famiglia. Ho conosciuto tante persone… molti amici veri, ma anche alcuni che si avvicinavano solo per opportunismo”.

Cosa ti mancherà ?
“Gli odori del campo e dello spogliatoio, i novanta minuti nei quali devi dare tutto per te stesso per gli obiettivi della squadra, ma anche i giorni della settimana destinati alla preparazione del match domenicale”.

Che farai “da grande” ?
“Non escludo la possibilità di restare nell’ambiente, anche se non subito, per provare a dare qualcosa ai giovani. Ritengo che il calcio non si insegni prendendo spunto da libri studiati a memoria e tanto meno scopiazzando esercitazioni su internet… bisogna avere idee proprie e soprattutto saperle trasmettere”.

Claudio Nucci


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