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Calcio giovanile, Felicino Vaniglia: “Il ritorno alla tecnica come ricetta per rilanciare il movimento”

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Savona. Le recenti denunce dei mali del nostro calcio nazionale, le inchieste che gettano discredito su presunti comportamenti illeciti di operatori di settore a livello locale, i numeri e le statistiche che indicano un costante regresso del movimento, stanno tracciando il quadro allarmante della situazione in cui pare versare il mondo del pallone.

Le rituali frasi fatte del tipo “Bisogna ripartire dai giovani!” rischiano di divenire banali ed inflazionate se non sorrette da adeguate azioni e correttivi. Il selezionatore tecnico delle rappresentative della delegazione provinciale di Savona, Felicino Vaniglia, reduce dall’esperienza londinese ed in procinto di recarsi a breve in Germania, per meglio focalizzare i criteri gestionali del tanto esaltato metodo teutonico, ha voluto come nel suo stile raccogliere il nostro invito a pronunciarsi sul futuro dei nostri settori giovanili.

“Più attenzione ai vivai e riforma dei campionati – dichiara Vaniglia -, credo che debbano essere gli obiettivi prioritari, come del resto viene predicato da tempo, a livello federale, da personaggi del calibro di Gianni Rivera e di Arrigo Sacchi. Solo così possiamo cercare di riguadagnare quella posizione di prestigio che ci ha sempre contraddistinto nell’ambito delle squadre giovanili. Per poter parlare di argomenti così delicati e complessi quali i problemi odierni che impediscono la giusta maturazione dei giovani calciatori e trovare una risposta a quali siano i motivi della mancata crescita di tanti potenziali talenti e dell’incapacità oramai atavica da parte degli addetti ai lavori di formarli, bisogna avere però le carte in regola, ossia possedere quell’indispensabile patrimonio fatto di conoscenze, esperienze e competenze che consenta di far luce in profondità su una questione divenuta spinosa e di difficile lettura”.

“Non basta pertanto – prosegue – limitarsi a soffermare l’attenzione sugli eventuali errori strategici e sulla carenza di programmazione dei settori giovanili e delle scuole calcio, per individuare quali siano le difettosità di sistema che maggiormente danneggiano l’evoluzione in campioni dei nostri talenti junior. Analizzando con scrupolo, questo tema, reso d’attualità dal desiderio/necessità di rilanciare le sorti del calcio italiano reduce dal disastroso fallimento brasiliano, non si può non prendere atto della crisi strutturale che stanno vivendo i vivai nostrani, specie se comparati allo sperimentato e vincente ‘modello tedesco’, che avrò presto la possibilità di visitare attraverso un viaggio/studio presso Bayeruth (Baviera Accademie)”.

“Ritengo in ogni caso – spiega il selezionatore tecnico – che se il settore giovanile dovrà continuare ad essere quella grande fucina di calciatori che tutti abbiamo sempre apprezzato, per fare questo bisognerà insegnare sempre più ‘tecnica’, che tattica, perché alla velocità a cui si gioca oggi nel calcio moderno è solo possedendo una grande tecnica che si rivelerà vincente. Può capitare spesso di vedere invece allenatori che a ragazzini di dieci e undici anni, propongono principalmente la componente tattica del gioco, quando ai piccoli si deve insegnare quasi esclusivamente la parte ludico/coordinativa ed esercitazioni che ne migliorino la tecnica di base (i cinque ‘fondamentali’, per intenderci)”.

“Penso semplicemente – ribadisce – che siccome è molto più facile e meno faticoso esprimersi sui principi tattici, a volte emulando tout-court schemi in voga, proprio questo rappresenti il vero problema a cui dover far fronte, sia in ambito professionistico che dilettantistico introducendo un sostanziale cambio di fronte. Direi anche che diventerà fondamentale puntare su tecnici che abbiano una grande passione e saldare il giusto a quelli veramente bravi, poiché è risaputo che nel settore giovanile, le prestazioni dei mister, anche se altamente qualificate e professionali, normalmente non vengano pagate adeguatamente. Troppe volte, inoltre, si predilige la parte fisico/agonistica, si cerca la velocità e la forza, e non lo sviluppo dell’intelligenza tecnico-tattica”.

“Serviranno per realizzare tutti questi cambiamenti di impostazione, persone che seguano i ragazzi per anni l’evoluzione dei giovani (medio-lungo termine) e pertanto occorrerà dare più continuità nel cercare di portare a compimento un programma – afferma Vaniglia -; se ogni due anni si insisterà nel cambiare completamente impostazione di lavoro, non creeremo mai nulla di buono. Se la cruda verità è che nei nostri campionati, ahimè, diversamente dagli altri paesi europei, non si fanno giocare i giovani, a meno che non si sia obbligati, cerchiamo di invertire questa sbagliatissima tendenza. Se questo avviene, anche perché gli allenatori delle prime squadre non hanno il coraggio di lanciarli (vista l’importanza che viene data prioritariamente ai ‘risultati’), o non vedono, non leggono in prospettiva, il loro talento (ricordo per inciso, che il talento lo si può intravvedere anche quando ad un esordiente capiti di sbagliare una o due partite), aiutiamoli a considerare che chi lo ha fatto per tempo e con intelligenza ora primeggia”.

“Allo stesso modo – conclude – poniamo le basi affinchè le società, con i fatti e non con le parole, investano nel proprio settore giovanile (vedi dati Cies) una percentuale del bilancio non inferiore a quella impiegata dagli esempi/tipo a cui ci riferiamo con ammirazione, qualunque essi siano”.


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