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Educazione, competenza e senso di appartenza: il calcio secondo mister Di Latte

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Savona. Nel dibattito sul futuro del calcio, si inserisce anche mister Amedeo Di Latte, dalla prossima stagione allenatore dell’Alassio F.C., la società creata quest’anno dal presidente Vincenzi.

Il tecnico, con la sua solita passione, lancia un vero e proprio manifesto di cosa intenda per calcio.

Dalla capacità di insegnare passando per l’educazione fino al senso di appartenenza: ecco come deve essere un allenatore secondo mister Di Latte.

“A causa del mio lavoro, ho passato pochissimo tempo con i bambini ma non per questo non mi interesso alla loro crescita. Anzi. Ho letto l’articolo di mister Vaniglia e le opinioni degli altri e trovo che molte cose siano condivisibili e giuste secondo il mio credo. Ci sono alcuni aspetti, però, sui quali vorrei soffermarmi. Penso che il ruolo dell’allenatore sia un dono. Non tutti secondo il mio punto di vista, possono essere dei buoni mister o dei buoni insegnanti.

Lo studio è fondamentale per aumentare la dote che si ha. Il patentino dovrebbe essere dato con più severità. Ho incontrato dei personaggi in questi anni, che sapevano solo insultare come se il patentino lo avessero trovato in un sacchetto di patatine come sorpresa.  Ho visto di buon occhio l’obbligo dell’aggiornamento ma non basta. Dovrebbero esserci degli step di studio obbligatori da passare almeno nei primi 5 anni. Penso, parlando dei bambini, che la tecnica individuale e le basi, siano la più grande mancanza.

Oggi difficilmente vediamo sui campi dei ragazzi che hanno estrema facilità nel saltare l’uomo perchè carenti nella conduzione o nelle soluzioni di finta e tutto questo determina poca fantasia nelle decisioni. Non solo però

Qual è il vero obiettivo di una società  per l’educazione e l’insegnamento di un giovane calciatore? Ho letto di un allenatore che ultimamente si vantava di aver vinto dei campionati giovanili: tutto fumo che ci fa cadere ancora più nel baratro. Sono solo medaglie da mettere come targhette di campagne militari su un’uniforme.

In una riunione, qualche tempo fa, ad un allenatore del settore giovanile, chiesi se secondo lui stava facendo bene il suo compito, dato che in prima squadra a me piaceva portare a turno qualche allievo o qualche juniores. Si stupì. Io gli spiegai che un ragazzo deve essere aiutato e formato in ogni sua capacità. Sa usare le braccia per difendersi mentre gioca? Sa comunicare con il proprio compagno con un gergo comune? Sa cos’è una palla coperta o una palla scoperta? Sa cos’e’ un contro movimento; sa cos’è un controllo orientato? (gesto fondamentale nel calcio moderno e per il salto di categorie). Gli risposi che quelle medaglie appese non servivano a niente se al ragazzo non doni queste conoscenze.

Poi, l’educazione. Oggi purtroppo la prima squadra non è più vista come un sogno. Penso che gli istruttori debbano anche insegnare quello che è lo spirito d’appartenenza. Questo punto mi fa sinceramente molto male. Ultima considerazione è la competenza. I ruoli sono importantissimi in una società; di allenatori che pagano per allenare non ne voglio nemmeno parlare; non meritano la mia passione ed il mio rispetto! Per quanto riguarda, invece, il ruolo di un direttore generale o sportivo, penso che siano entrambi ruoli importanti, perché uno competente, riesce a vedere le lacune sopra descritte, uno incompetente no.

Quest’anno, dopo aver fatto la gavetta, avendo raggiunto obiettivi con budget che rispettavano il fair play finanziario della società, e dopo esser stato avvicinato da squadre di eccellenza, ho sposato un nuovo progetto. Non l’ho fatto per soldi. Il mio rimborso è giusto per una persona che ha passione e si impegna. Ho accettato perché il mio futuro presidente mi ha detto, nel nostro colloquio, che oltre alla stima come allenatore, ha stima dell’uomo.

Era quello che cercavo. La possibilità di costruire una “casa”. Alla base di questo progetto, il Presidente Vincenzi vuole costruire un settore giovanile di livello. La meta è educare calcisticamente e donare dei valori etici sportivi a dei bambini e ragazzi che dovranno cullare il sogno di esordire nella LORO prima squadra o, se dovessero partire per squadre professionistiche, dare a loro la possibilità di arrivare il più pronti possibile e ricchi di conoscenza.


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