Quantcast
Channel: Sport – Il Vostro Giornale
Viewing all articles
Browse latest Browse all 33995

Calcio: “Cinque domande” al “maestro” Leo Cusimano

$
0
0

Celle Ligure. “Il calcio consiste fondamentalmente in due cose; la prima: quando hai la palla, devi essere capace di passarla correttamente; la seconda: quando te la passano, devi saperla controllare. Se non la puoi controllare, tanto meno la puoi passare”… con queste parole, il fuoriclasse olandese Johan Cruyff sintetizza il gioco del calcio.

E’ da questi concetti che inizia un interessante scambio di idee con Leo Cusimano, che per anni è stato uno dei migliori allenatori di football, sia a livello giovanile, sia di prima squadra, della nostra regione e che ha avuto nel Savona la “sua casa”, un laboratorio di idee, di sperimentazioni, di passione nel lavoro, tanto da essere premiato, nel 1993, col prestigioso riconoscimento del “Seminatore d’oro”.

Tornando a Cruyff, Cusimano, che purtroppo ha deciso da tempo di interrompere il “feeling” con un mondo “nel quale non si riconosce più”, concorda appieno con l’olandese volante: “E’ un concetto che condivido, soprattutto per quanto riguarda la tecnica situazionale”.

Cosa significava per te allenare?

“Era la mia vita, amavo trascorrere ore ed ore sul campo per cercare di trasmettere ai ragazzi la mia idea del calcio, che poi è anche un valore di vita, cercando di far capire che è dall’accettazione della sconfitta che parte l’idea di un calcio propositivo, fatto d’intensità, di tecnica, di tattica, di preparazione fisica, ma anche di ‘voglia di sudare’; ecco, se dimentichiamo questo, è la fine”.

Il tecnico della nazionale, Antonio Conte, sottolinea che al giorno d’oggi è molto più difficile “sfornare” talenti e che molti giocatori non hanno la giusta mentalità, perché mancano della necessaria determinazione, indispensabile per arrivare ad ottenere risultati. Insomma, tanti hanno voglia di primeggiare, pochi hanno voglia di sacrificarsi per riuscirci, concordi?

“Penso sia necessario ritornare a un’umiltà di base, che consenta di capire l’importanza del lavoro. Poi, per diventare un buon calciatore, è necessario il supporto di trainer adeguati, i cui insegnamenti devono essere seguiti alla stregua dei Vangeli. Ovvio che deve trattarsi di ‘maestri’ autentici e non di ‘apocrifi’.

Basilare, inoltre – per chi insegna – riuscire a trasmettere la propria cultura, attraverso fatti e parole… se uno non riesce in ciò, è meglio che cambi mestiere”.

Che ne pensi della regola che impone l’obbligo di far giocare un certo numero di giovani, nelle competizioni dilettantistiche, a discapito della libertà dei mister di far scendere in campo i migliori undici della rosa?

“Se un giovane è bravo, dai 16 ai 18 anni, trova da solo il naturale sbocco dell’ingresso in prima squadra; la norma – a parer mio – finisce per abbassare il livello qualitativo dei campionati. Far giocare i ragazzi giovani, non deve essere un’imposizione, bensì una risorsa. Così può sembrare essere un fattore penalizzante, mentre se il concetto viene accettato dall’intero team, grazie alle capacità di convinzione del mister, allora la valenza è del tutto diversa. Certo che tale ‘pensiero’ deve essere condiviso dai presidenti. Altro fattore negativo, nato dall’obbligo di far scendere in campo tanti giovani, è stato il proliferare di pseudo addetti ai lavori, con il risultato che molti ragazzi, passato il temporaneo momento da ‘under’, finiscono nel dimenticatoio, spesso delusi nei loro sogni e ambizioni, alimentati dall’essersi trovati titolari, non per merito, ma per una norma”.

Il calcio risente delle ripercussioni derivanti dalla crisi economica che attanaglia il paese; gioco forza, sta prevalendo la poco edificante linea che porta a sedersi su panchine importanti mister che tolgono spazio ad altri allenatori più preparati, costretti a stare ai margini e senza possibilità di confrontarsi su piazze idonee alle loro qualità. In passato, nel tuo ruolo di responsabile tecnico del settore giovanile del Savona, su quali basi sceglievi i tecnici per la tua squadra di lavoro?

“Nello scegliere il tecnico cui affidare una squadra, il ritorno alla meritocrazia è ‘conditio sine qua non’. Assegnare tali responsabilità a persone, che pensano di poter pilotare una ‘Ferrari’, dopo aver guidato soltanto delle utilitarie, è del tutto deleterio. Ai miei tempi andavo personalmente a vedere gli allenamenti e le partite di un tecnico che volevo portare nel mio staff, poi la scelta era basata sulla professionalità, sull’amore verso questo sport, sul modo di rapportarsi con il gruppo, sulla specifica preparazione tecnico-tattica. Insomma, guardavo se il candidato aveva la mentalità da istruttore, la capacità d’insegnare calcio ed aiutare la crescita morale di chi gli veniva affidato. L’identikit del mio tecnico ideale vedeva, comunque, la predominanza della ‘fame’ di sapere, della voglia di progredire, ma soprattutto di saper essere un punto di riferimento dei ragazzi”.

Con l’avvento di internet, il lavoro editoriale ha portato all’uscita di tanti libri riguardanti le metodologie d’insegnamento del gioco del calcio, mentre, nel contempo, un notevole numero di corsi federali, ha sfornato una serie di mister, che hanno indubbiamente una maggiore conoscenza teorica del football, ma forse una minor esperienza del lavoro sul campo, cosa ti senti in grado di consigliare a questa “nuova onda”?

“Quando una persona ha appena preso la patente, è preferibile che non si avventuri subito nell’intenso traffico del centro di Milano, ma che magari faccia un po’ di esperienza in tranquille strade di periferia… ecco, lo stesso vale per chi desidera cimentarsi in questo ruolo. Basta un po’ di buon senso per capire l’importanza d’una esercitazione sul campo, rispetto a quanto visto su ‘you tube’. Evito, poi, di esprimere giudizi sul linguaggio mediatico, spesso fatto di parole stereotipate. Al centro del progetto devono stare i ragazzi e non il proprio io; allenare significa andare oltre il significato letterario della parola, bisogna essere dotati di psicologia e soprattutto sapere leggere e correggere in tempo reale l’andamento delle partite”.

Citiamo, per chiudere, ancora una frase di Johan Cruyff: “Il senso del calcio è che vinca il migliore in campo, indipendentemente dalla storia, dal prestigio, dal budget”.


Viewing all articles
Browse latest Browse all 33995

Trending Articles