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Calcio, lo speciale Settore Giovanile del ct Vaniglia. Roberto Benincasa, un grande allenatore-educatore

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Savona. Nel panorama calcistico giovanile emiliano (esattamente in provincia di Reggio) mentre si scaldavano i motori del sentitissimo calciomercato, tanti colpi a sorpresa si sono succeduti per una sessione estiva sempre più incandescente. La crisi economica ha ridimensionato come si sa le ambizioni di categoria delle piazze più importanti ed ora dirigenti e presidenti, per fare di necessità virtù, stanno riscoprendo o rinvigorendo una sana passione nei confronti del settore giovanile, sempre più considerato risorsa e non fardello. Procediamo con ordine. Salta la trattativa che vedeva l’allenatore del Castellarano Roberto Benincasa passare alla corte degli sceicchi di Castelvetro. L’ex allenatore del Modena, vista l’eccessiva durata della trattativa, ha preferito scegliere l’offerta della Rubierese, società dimostratasi molto più determinata nel chiudere, in breve tempo, la trattativa. Benincasa, istruttore e scopritore di talenti molto stimato in Emilia e non solo, si prepara dunque alla nuova avventura, ma non lascerà il mondo della Fossil Cup. L’allenatore infatti allenerà gli Allievi classe 1998.

Durante le premiazioni della 26esima edizione del torneo Amos Lorenzo Prandi, riservato alla categoria Allievi classe 1997 e 1998, organizzato, come di consueto, da FalkGalileo e Bagnolese, abbiamo fatto una lunga e meritata intervista al maestro della tecnica per eccellenza, cittadino onorario della premiata accademia del calcio totale d’Olanda e grande appassionato di calcio giovanile, Roberto Benincasa, classe 1951, ex calciatore professionista (difensore cresciuto nella Reggiana, dove ha giocato tre stagioni con 22 presenze, per passare al Catania con cui ha ottienuto 77 presenze e infine al Livorno, con 21 presenze; ha giocato 64 partite in Serie B e 56 in C) e allenatore di successo. Negli anni ha lasciato il segno alla guida del settore giovanile del Modena, società con la quale ha scoperto e lanciato diversi elementi di levatura nazionale. Corteggiato e ricercato da tanti club, il mister ha appena lascia Castellarano dopo una lunga parentesi durata cinque anni per sposare il progetto della rinata Rubierese, club che sta riassaporando la vocazione verso i giovani.

Salve mister, con che spirito si appresta ad iniziare la sua avventura a Rubiera?

“Premetto innanzitutto che la Rubierese per me non è il piano B, ma la primissima scelta in un quanto ha un settore giovanile di grandi tradizioni. Ho trovato entusiasmo e competenza, il giusto mix per fare bene”.

Cosa vuole dire al Castellarano? Società a cui ha dato molto…

“Nulla di particolare. Ho dato e ricevuto come in tutte le esperienze professionali. Conservo un buon ricordo dell’ambiente e di tutte le persone che dedicano moltissimo della loro esistenza a coltivare la passione per il calcio, nella maniera più pura”.

C’è che afferma che lei prediliga la tecnica alla esplosività fisica, come mai?

“Non è corretto sostenere che la prediligo, così parrebbe che una cosa escluda l’altra e non è vero! Sostengo invece che le due cose devono essere complementari, ovvero che si possono fare identiche preparazioni atletiche utilizzando lo strumento principale, il pallone, anche per esercitazioni complesse specifiche ed adattate al gioco del calcio. Questo può valere principalmente per i ragazzi del settore giovanile, ma non solo. Trovo una perdita di tempo ad esempio, far fare dei giri di campo a dei dodicenni senza l’utilizzo della palla, magari intervallata da esercizi di destrezza a difficoltà graduale e sotto sforzo. Ma il discorso sarebbe lungo e particolareggiato e varrebbe la pena di un approfondimento”.

Una stagione positiva quella appena conclusa : quali sono state le vittorie più importanti?

“Forse per i ragazzi le vittorie più importanti sono state, sia in campionato che nei tornei, quelle avute contro gli avversari più prestigiosi. Per me, oltre a quelle, sono state anche le partite non sempre vinte ma giocate particolarmente bene. Gratificanti per il mio lavoro”.

Che ricordo conserva del periodo alla guida del Modena?

“Al Modena ho trascorso una dozzina di anni, oltre ad avere militato io stesso, nel settore giovanile fino alla Primavera verso la metà degli anni ’70. Come allenatore ho guidato tantissime formazioni delle categorie giovanili, anche se per scelta e per pura passione, ho sempre privilegiato quelle delle annate più giovani, dove la mano dell’allenatore-educatore si nota di più. L’apice della mia esperienza al Modena, l’ho infine toccata quando per alcuni anni sono stato il Responsabile del Settore Giovanile. Sono stati anche gli anni dell’ultima Serie A. Ma non vivo di ricordi; il mondo del calcio non guarda indietro… Diciamo che è stato un periodo importante della mia vita professionale”.

Doveva andare a Castelvetro, poi ha scelto Rubiera, perché?

“Non entro nel merito di vicende che non mi competono. Il Castelvetro è un ottima società, ambiziosa e che farà certo parlare di se nel prossimo futuro. Con me sono stati ineccepibili. Ho scelto Rubiera perchè come ho già detto, condividiamo le stesse idee di calcio e di settore giovanile. Ora sono felicissimo di fare parte di questa società”.

Lei ha fatto sbocciare tanti talenti, qual è il suo segreto?

“Ovviamente sono orgoglioso e credo sia normale, vedere diversi ragazzi che ho allenato, calcare i campi dei professionisti. Solo negli ultimi mesi ho visto sbocciare alle cronache altri due ragazzi che ho allenato nelle giovanili a Modena. Marco Silvestri (’91) portiere che ha giocato in Serie A nel Cagliari e Marco Benassi (’94) oggi al Torino che tutti danno come cresciuto nelle giovanili dell’Inter, in realtà è cresciuto nel Modena; fu prelevato a 11 anni dalla G.Pini e fece tutta la trafila fino agli Allievi nazionali e solo dopo fu prelevato per la Primavera di Stramaccioni nell’Inter. Mi fa immenso piacere ricordare anche Nazareno Belfasti (’93), nativo e residente a Castellarano, ancor oggi di proprietà della Juve, che ho avuto da ragazzino a Modena, e che ha già vissuto varie esperienze sui campi della Serie C (Gubbio) e B (Modena) e con buone possibilità di arrivare presto al calcio che conta. Oltre a questi ragazzi ormai ‘quasi famosi’ diciamo così, ci sono anche tanti altri che stanno tentando. Diversi di questi sono usciti anche dal Castellarano negli ultimissimi anni e sono andati in società professionistiche. Qualcuno è tornato e ci sta riprovando, altri sono ancora impegnati nel cercare una loro visibilità, in formazioni Allievi e Primavera ma anche in formazioni più giovani di società professionistiche. Speriamo bene”.

Non solo allenatore ma anche editore, ci racconti l’avventura legata alla pubblicazione della sua agenda.

“Mi sono divertito molto. Siamo alla terza edizione. La prima fu prodotta dalla Zanfi Editori nel 1997/98, la seconda nel 2004 e la terza quest’anno è stata pubblicata dall Editoriale Moda srl di Zanfi Ettore di Modena. In parole semplici, ho cercato di elaborare una ‘Agenda per l’allenatore di calcio’, che non dettasse schemi, preparazioni o consigli di sorta, ma che attraverso schede da me personalmente elaborate e frutto di tanti anni di esperienza nei settori giovanili, desse all’allenatore modo di pianificare il proprio lavoro quotidiano, ma anche di essere un semplice promemoria di supporto nella vita di tutti i giorni, in sfida e in controtendenza ai vari tablet, computers e telefonini di oggi che la fanno da padrone”.

Cosa non le piace del calcio dilettante?

“Quello che ho già detto. Per questo vorrei che le società sportive, quando assumono un allenatore/istruttore/educatore, sappiano con chi hanno a che fare. Che investano in qualità umane e professionali importanti, perchè solo così avranno un tornaconto del loro lavoro e della loro immagine”.

A Castellarano ha avuto modo di lavorare col dott. Roberto Guidetti e con Fabio Dall’Omo. Cosa ricorda di quel periodo?

“Sono due persone con cui ho lavorato e percorso un periodo professionale importante. Diciamo anche che erano tempi migliori, quelli appena prima della grande crisi economica ed a Castellarano come in ogni altra parte si stava un po’ meglio tutti. Dopo l’esperienza di Modena sono entrato in questa società, sì dilettantistica, ma molto ambiziosa in lotta già da diverso tempo per salire nei professionisti dalla D alla C2. Sono stati anni importanti, ma anche dopo sono stati molto gratificanti, anche quando molte risorse vennero meno”.

Parliamo della Nazionale nella partita con l’Uruguay: dal punto di vista tattico cosa non le è piaciuto?

“A mio modesto parere, Prandelli nel primo tempo finalmente aveva azzeccato la formazione migliore, mettendo ognuno al proprio posto. Con due punte, con Pirlo davanti alla difesa, con Marchisio interno sinistro, con la difesa collaudata della Juve e via dicendo. Poi, al termine del primo tempo, condotto dignitosamente, con un buon possesso palla ed anche con buona personalità dei nostri migliori giocatori pur senza quasi tirare in porta, dovendo sostituire Balotelli già ammonito ed a rischio di ‘rosso’, il mister ha letteralmente perso la testa. Ha inserito un mediano (Parolo) in luogo di una punta pur con alternative quali Cerci oppure Insigne che avrebbero dato profondità e filo da torcere alla loro difesa, mantenendo due attaccanti. In pratica ha stravolto tutto, portando Marchisio a destra fuori ruolo, Parolo in un anomala posizione a sinistra, abbandonando a se stesso l’unica punta che tra l’altro per caratteristica non sa tener palla e facendo di fatto salire la squadra avversaria di buoni 30 metri, concedendogli campo e iniziativa. L’arbitro ha dato un ulteriore aiutino allo sfacelo. Ha fatto bene a dimettersi dimostrando dignità”.

Ha mai allenato un giocatore come Balotelli?

“Ovviamente non a quei livelli, anche se di ragazzi difficili i nostri settori giovanili sono pieni. Questi ragazzi vanno certo responsabilizzati, ma fino ad un certo punto. Dare responsabilità ad un individuo significa concedergli fiducia, ma caricare una ‘macchina’ con cento kg, mentre al massimo ne può portare trenta, è un errore impordonabile da parte dell’allenatore come in questo caso; quindi quando poi va tutto a catafascio, non lamentarti di quello che era compito tuo stimare ed essere a conoscenza”.

Cosa deve fare un giovane atleta per emergere?

“Partendo da una base indispensabile di capacità innata ed attitudine al calcio e allo sport in generale, per il resto avere la fortuna di esser seguiti da bravi istruttori nel percorso formativo che va dai primi calci a livello Esordienti fino ad età adolescenziale, dove si plasma il ragazzo e l’atleta calciatore. Infine, avere costanza e passione per quello che si fa. Educazione e rispetto nei rapporti con l’ambiente, con i compagni, l’allenatore e tutte le persone che seguono da vicino, accompagnatori e ogni addetto della società. Ho conosciuto casi di ragazzi che a 14/15 anni, probabilmente non erano i migliori, ma che oggi sono professionisti nel calcio a buon livello, grazie al loro comportamento responsabile ed educato, sono stimati da tutti. Il saper comportarsi con correttezza nel modo giusto, è un valore che aiuta nel calcio come nella vita”.

Ha mai avuto tra le mani una grande promessa che poi non è riuscita a sbocciare?

“Sì purtroppo! Alcuni ragazzi che stimavo calcisticamente di un livello superiore e a mio modesto parere con qualità per sfondare nel mondo del calcio, li ho avuti. Cosa non è riuscito a permettergli di arrivare a buoni livelli? Non sempre la stessa cosa, anzi… Alcune volte mal consigliati da personaggi di dubbia credibilità come pseudo-procuratori. Altre volte da genitori, madri e padri eccessivamente invadenti con caratteri forti e perciò distruttivi nei confronti dei loro figli, pieni di arroganza e convinzioni sbagliate. Altre volte perchè finiti in società dove dirigenti scorretti fanno per loro, scelte sbagliate. Altre volte semplicemente per gravi infortunii dove i recuperi sanitari diventano lunghi e non si torna più come prima. Tante altre volte per carenza di volontà, di passione e difficoltà al sacrificio dei ragazzi stessi”.

Progetti per il futuro.

“Fare del mio meglio per la Folgore Rubiera. La mia società”

Cosa si sente di dire alle famiglie dei ragazzini? Spesso alcuni genitori si travestono da procuratori…

“Di fare al meglio il loro mestiere, oltre alla loro professione. Quello dei genitori. Che già è un mestiere molto difficile dove occorre esperienza, tanto equilibrio e buonsenso. Al resto devono pensare le Società, i loro dirigenti attraverso validi educatori e allenatori”.

Parliamo del Benincasa calciatore, lei ha girato mezza Italia…

“Sì è vero. Per qualche anno ho girato per l’Italia inseguendo la legittima speranza per un giovane di 18/20 anni di diventare un calciatore importante. Poi, nonostante fossi professionista ma in categorie inferiori mi resi conto abbastanza presto che non potevo raggiungere vette calcistiche che sognavo fin da bambino, pertanto tornai a casa mia, misi su famiglia e giocai un bel po’ di anni nei dilettanti. Mai scelta fu più riuscita”.

Dal punto di vista professionale ha qualche rammarico?

“Da calciatore, a 19 anni di non aver firmato davanti al presidente di una società importante, in un incontro presso un Autogrill dell’Autostrada Milano-Venezia, per stupido orgoglio di pretendere qualche centinaio di migliaia di lire in più di quello che mi era stato offerto. Da allenatore di non aver accettato l’offerta del dott. Borea, allora direttore generale della Ternana, di andare ad allenare in quella società. Ma nella vita c’è di peggio. Me ne sono fatto una ragione”.

Rubiera, riparte da una società di primo livello. Cosa le è stato chiesto?

“Di non vincere il campionato, perchè altrimenti al presidente il prossimo anno sarò costretto a chiedere l’aumento”.


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