Savona. Gli appassionati della storia dei migliori vivai nazionali di certo sanno che fino a vent’anni fa, in un tempo ormai lontano, vista la velocità di mutamento della società globalizzata, il settore giovanile del Torino, grazie a veri “maestri” del calibro di Sergio Vatta, era un vanto per tutto il calcio italiano e soprattutto per la città.
Il vivaio granata sfornava a getto continuo i campioni del futuro e i terribili “Ragazzi del Fila” hanno fatto la storia della società di via Arcivescovado (e non solo) prima i vari Goveani, Calleri e &, smontassero il settore distruggendo il lavoro svolto con qualità per quarant’anni. Indimenticati restaeranno i giocatori come Agroppi, Cereser, Comotto, Cravero, Dossena, Ferri, Ferrini, Fossati, Francini, Fuser, Garella, Lentini, Mandorlini, Pulici, Rambaudi, Rampanti, Rosato, Ezio Rossi, Vieri e Zaccarelli: veri gioielli scuola granata.
Da allora, dalla metà degli anni Novanta in poi, pochi i risultati di spicco, fino ad arrivare a Comi e Benedetti, altri due ragazzi cresciuti a “pane e Toro”, che negli ultimi anni si sono occupati proprio di riportare a galla il settore giovanile. Da poco (2012 per l’esattezza) è iniziata però l’era di Massimo Bava (nella foto) che, dopo aver fatto un ottimo lavoro a Cuneo come direttore generale, è stato chiamato sotto la Mole per rimettere in piedi un vivaio che sforni nuovamente i campioni del futuro, prendendo di fatto il posto di Comi, promosso a direttore generale.
L’obiettivo fissato dall’inizio della nuova avventura è stato quello di cercare di tornare ai vertici nel giro di un triennio: “Quello che ho trovato non è assolutamente un settore giovanile da ricostruire – aveva detto a Tuttosport durante la sua presentazione ufficiale -, ma solamente da rimotivare, più che altro nelle aspettative dei tifosi. L’entusiasmo della serie A farà da traino anche per il nostro lavoro, che in questi anni di gestione di Comi e Benedetti è stato davvero ottimo. Da adesso tocca anche a me, e io proverò solamente a riorganizzare il settore con il mio modo di fare e intendere il calcio. Con due parole d’ordine: organizzazione e disciplina. Ogni discorso che stiamo portando avanti è già stato approvato dal presidente Cairo. Qui ho trovato un ambiente motivato, mi sento parte di tutta la società e in particolare posso assicurare che il presidente ha davvero voglia di riportare il Toro nel “gotha” del calcio giovanile. Ho avuto l’ok per ridisegnare ed ampliare la rete di scouting (di cui ricordiamo fa parte Patrick Panucci), di lavorare affinché tutto il vivaio possa avere una sua unica casa, insieme a Silvano Benedetti punteremo a crescere sempre di più partendo proprio dalla scuola calcio. E gradualmente arriveremo ad avere un unico progetto tecnico, dalla Primavera in giù tutte le squadre dovranno avere le stesse idee di calcio con un coordinatore dei tecnici. Senza dimenticare un canale sempre più diretto con la prima squadra, a partire da Petrachi col quale mi rapporto e condivido strategie quotidianamente”.
Il problema è competere con le grandi, che aprono il portafogli senza problemi pur di accaparrarsi grandi giocatori: “Posso garantire che non ci saranno limiti di investimento nel caso in cui ce ne fosse bisogno. Di sicuro però valuteremo attentamente ogni operazione, spendere tanto non significa spendere bene ed in questo periodo storico saper dare il giusto peso al denaro è un valore importante”.
Intanto diversi giocatori del settore giovanile ora sono aggregati alla prima squadra in pianta stabile: “I gruppi prodotti in casa sono già buoni e con ottime individualità. Penso non solo a Gomis, Diop e Barbosa, ma anche a ragazzi come Gatto o Cibrario, Barreca o Aramu, Lenoci o Parigini, Edera o Candellone, giusto per citarne due per annata tra i 15 e i 18 anni: questa sarà la fascia di età sulla quale andremo a lavorare a caccia di quelle ciliegine che possano permettere a tutti i gruppi di fare il salto di qualità che altrimenti non riuscirebbero a compiere. Se non abbiamo avuto il tempo per farlo, andremo presto completando comunque tutte le squadre muovendoci diversamente anche sul mercato, se necessario. Lavoreremo notte e giorno per ricreare un vivaio all’altezza di quello dei vari Cozzolino, Gabetto e Comi. Diverso dal loro sicuramente, ma che spero possa tornare ad essere un vanto di tutti i tifosi del Toro. E perché no, che sappia anche tornare a vincere uno scudetto. Noi siamo qui per creare giocatori pronti per la prima squadra ed il calcio professionistico, ma i risultati aiutano a lavorare meglio, questo sicuro”.
Queste erano le premesse operative del responsabile Bava, premesse che si può dire siano state rispettate al punto che dopo il primo biennio al comando dei baby torinisti è arrivata la riconferma e con essa nuovi e stimolanti propositi sanciti nella seguente affermazione: “Cresceremo grazie ad investimenti e rivoluzionarie idee, al fine di formare talenti pronti a maturare”.
Dopo questo primo produttivo giro di boa, che si può valutare come un primo traguardo intermedio raggiunto è evidente che Bava (e con egli il suo competitivo gruppo) abbia tutte le intenzioni e l’entusiasmo per voler restare ancora molto tempo alla guida del settore giovanile granata: “Al Toro non è necessario guardare quanti anni sono scritti su un contratto. L’ho capito fin dalla prima volta che ho parlato con il presidente Cairo, si vedeva da subito che c’era la possibilità di impostare un lavoro a lungo termine ambizioso e concreto. Poi a Torino si respira grande entusiasmo anche attorno al settore giovanile e di conseguenza crescono le responsabilità. Un motivo in più per voler restare a lungo al mio posto è proprio quello di lavorare affinché le aspettative dei tifosi non vengano tradite”.
Queste in sintesi le sue parole, scaturite da un’intervista di cui riteniamo interessante riportare i passaggi fondamentali per poter mettere in evidenza la vision del responsabile del settore giovanile di una della società più gloriose d’Italia, specie in campo giovanile.
Come sono stati i primi due anni al Toro?
“A livello personale sono stati due anni eccezionali, devo ringraziare tutti coloro che mi hanno accolto, dal presidente Cairo a Comi fino a Petrachi e Leo Longo. Mi hanno dato fiducia, coinvolgendomi in un ambiente affermato e facendomi sentire parte attiva di una società importante. Anche a livello di risultati sono state due ottime stagioni. Penso ad esempio a quanto ottenuto dai Giovanissimi due anni fa, o allo scudetto Berretti ed alla finale Primavera della passata stagione. Ma ciò che conta è la crescita che riguarda tutto il vivaio, che è importante e costante”.
I prossimi due anni come vedranno crescere il settore giovanile?
“Sono previsti investimenti adeguati e mirati, che a seconda delle necessità saranno dirottati su tutti i livelli, dal mercato all’area scouting, dalle strutture formative e progettuali alla logistica. Fare proclami è sempre sbagliato e porsi obiettivi particolari può sembrare riduttivo. Di sicuro ci sono degli step di crescita che vogliamo rispettare. Provando a pensare però ad un obiettivo in particolare da centrare, dico che dobbiamo alzare ancora il livello dei giocatori che usciti dal vivaio affrontano il calcio dei grandi: ora il rapporto è di 70-30 tra giocatori in Lega Pro e serie B, l’intenzione è che lo stesso rapporto arrivi ad essere tra elementi in campo tra serie B e serie A. La strada è quella giusta, basti pensare a tutti quei giocatori presenti in ogni singola Nazionale giovanile”.
Che cosa manca al vivaio del Toro per entrare a far parte dell’Olimpo?
“Qualcosa difficile da spiegare, forse un pizzico di consapevolezza in ognuno di noi. Nel calcio, fortunatamente, non conta solo il denaro. Noi dobbiamo capire che con le idee ed il lavoro, con tenacia e pazienza, possiamo continuare a crescere e migliorare. Il presidente mette a disposizione tutto ciò che serve per riuscirci, ogni volta che abbiamo proposto un nuovo progetto su cui puntare abbiamo sempre ottenuto risposte positive”.
A proposito di nuove ideee: cosa c’è all’orizzonte?
“Nessuna conferma ufficiale, ma credo sia il tempo di muoversi per costruire una società affiliata sul modello della J Stars con la Juventus. I campi di Orbassano (e la società dello Sporting Orbassano) potrebbero fare base di partenza del progetto. Galeotto fu un sopralluogo eseguito ad Orbassano a fianco del presidente Urbano Cairo e del direttore generale Antonio Comi. E’ stato proprio passeggiando sui campi di via Marconi, che io conosco molto bene per il mio passato dilettantistico (di cui mi vanto), che mi si è accesa la fatidica lampadina. Perchè non unire alla Scuola Calcio ufficiale del Toro una società satellite che richiami i colori granata? Una sorta di J Stars in versione cairesca? Perchè insomma non sfruttare l’onda lunga dei tanti ragazzi che si affacciano alla porta del Toro per poi magari rimanerne fuori, creando – proprio come la J Stars fa affiancandosi alla Juventus – una società dilettantistica che raccolga l’ampio bacino non sfruttato dalla società granata? E che, particolare non trascurabile, abbia un bilancio in attivo e faccia felice lo sponsor tecnico?”.
Ci può dire qualcosa di più in merito al “Progetto T-Stars”?
“Nell’impianto sportivo di Orbassano potrebbe mettere radici, dalla prossima stagione, la Scuola calcio del Toro. Cioè un polo unico, almeno per i più piccoli, dove tutte le squadra dai Pulcini agli Esordienti si allenino insieme. Le trattative sono partite: sicuramente ben avviata e prossima alla firma quella che porterà i più piccoli a giocare sui campi gestiti da Mauro Foschia (Sporting Orbassano), mentre è in fase di decollo quella parallela per creare questa nuova società che, azzardando un clamoroso volo pindarico che dalla Juve porta al Toro, per adesso chiameremo T-Stars. Orbassano, ma non solo: una società satellite degna di questo nome non potrebbe limitarsi a un solo impianto sportivo, ma dovrebbe allargarsi sul territorio cittadino e della prima cintura. Lo Sporting Orbassano potrebbe quindi essere solo la prima delle società coinvolte da questo ambizioso progetto.Seguirò il progetto in prima persona, valutandone passo passo gli sviluppi direttamente con il presidente Urbano Cairo, che è molto interessato a sviluppare la società dal basso, cioè dai più piccoli. Il tutto per cercare di far rinascere quella Scuola di calcio che tanti giocatori ha nel passato regalato al nostro calcio e che dimostra di nuovo oggi le sue potenzialità con la splendida Primavera di Longo, formata per la maggioranza da ragazzi che in granata hanno fatto tutta la trafila nelle giovanili del Toro”.