Savona. Continuiamo con questo secondo inserto, il lungo excursus che ci porterà a visitare i più grandi centri di formazione calcistica siti sul territorio nazionale e nel continente europeo, proseguendo con una società dilettantistica che ha storicamente prodotto un gran numero di talenti per il football tricolore e lo ha fatto dando notevole importanza alla tecnica individuale nonchè all’educazione dei piccoli calciatori.
Agosto 2014. Con il minigruppo di allenatori di giovani calciatori con cui è stato in visita a Zingonia (Atalanta, Bergamo) il selezionatore provinciale savonese Felicino Vaniglia si è spinto da Brentonico, attraverso l’altopiano di Asiago sino in terra veneta (80 km circa) per un incontro con il Calcio Montebelluna 1919 (società che milita nel girone C della Serie D e che è stata premiata il 27 maggio 2006 a Roma dalla Lega Calcio per aver superato i 50 anni di affiliazione alla Figc) che è conosciuto come uno dei migliori vivai calcistici d’Italia. Ogni anno infatti sono svariati i giovani talenti che partono dal “Monte” per raggiungere i grandi club nazionali, così come bisogna sottolineare che quasi in ogni nuova stagione calcistica almeno una squadra del settore giovanile vince i rispettivi campionati regionali, davanti a rinomatissimi avversari.
Sono infatti ben sette i triangoli bianco-rosso-verdi (scudetti) cuciti sulle maglie biancocelesti dal lontano 1975 (fu la squadra Berretti ad aprire la strada nel ’75, con il primo scudetto, qualche anno dopo, nell’83, ci fu la replica con una nuova vittoria del campionato; gli allievi hanno poi collezionato tre titoli: nell’89, nel 2003 e nel 2006. I giovanissimi invece hanno vinto lo scudetto nel ’98 e nel 2002). Giocatori giunti alla Nazionale Maggiore come Marcello Agnoletto (ala sinistra della nazionale e della Samp degli anni 50) , Aldo Serena, Francesco Toldo, Sergio Floccari, Daniele Gastaldello (centrale difensivo della Sampdoria), Tesser, Buso, Pasa, sono solo alcuni dei grandi nomi cresciuti nel Calcio Montebelluna, storica società che ancor prima del Barcellona (sul modello Ajax) ha inserito “il lavoro con la palla” per puntare tutto sulla tecnica.
“Spesso i professionisti prendono ragazzini di 14 anni grossi di stazza, confondendo i precoci con i veri bravi” ci racconta il “maestro/custode della tecnica” Roberto De Bortoli che nella sua lunga carriera ha forgiato uomini e squadre vincenti e che a 78 anni insegna ancora calcio grazie agli appunti d’oro che ha raccolto negli anni di Coverciano. E’ il decano degli allenatori della Marca. Forse quello che ha vinto di più: 6 campionati di categoria e tre titoli nazionali dilettanti (due conquistando la Coppa Italia ed uno con il successo nel Trofeo Barassi alla guida della rappresentativa del Veneto). Inoltre una nutrita serie di titoli provinciali e regionali con le categorie giovanili. Un palmares da far invidia a chiunque. Ma soprattutto l’istituzione Roberto De Bortoli, per tutti semplicemente “Berto”, ha insegnato calcio ad intere schiere di ragazzi, molti dei quali hanno poi compiuto carriere da professionisti. E continua a farlo, nonostante le tante primavere già scoccate. Dopo ferragosto è già sui campi, per insegnare la tecnica di base (che è il suo credo: inutile dire che lo sia anche per mister Vaniglia & C) ai ragazzi delle giovanili. “Con la tecnica – dice – si va dove si vuole; senza, non si va da nessuna parte”. E’ iniziata molto presto la carriera da allenatore di Berto De Bortoli, addirittura nel 1954, quando, a soli 18 anni, con Giovanni Menegon, ora presidente delle piscine comunali, e Glauco Trinca ha fondato il “Vitt”, polisportiva diventata in pochi anni, soprattutto nel calcio fucina di ottimi giocatori, dove ha iniziato ad allenare. Sì, si può dire che sia nato come allenatore in quanto a calcio non aveva mai giocato, ma ne ha appreso tutti i segreti seguendo i corsi di formazione, osservando allenatori già affermati, studiando con passione e applicazione: ed i risultati lo confermano. Ci siamo sentiti in dovere di porgere al “guru” decano del calcio giovanile montebellunese alcune interessate domande.
Ci scusi maestro ma è proprio così importante insegnare la tecnica?
“Il guaio del nostro calcio è che molti allenatori di junior insistono sulla tattica, sui movimenti, sulle strategie. Importanti, di certo. Ma se non hai acquisito la tecnica, è tempo sprecato. Persino in serie A si vedono giocatori che peccano, spesso gravemente, nei fondamentali. Non è un caso se le nostre nazionali giovanili sono quasi scomparse dal panorama internazionale che conta”.
Come pensa che si possa risalire la china?
“Occorre insegnare la tecnica dal basso e se le società non trovano tecnici in grado di farlo, allora ci deve pensare la federazione. Spetta ai dirigenti federali trovare una via d’uscita. E la devono imporre, come già sta avvenendo in paesi come la Germania, la Svizzera e la Francia. I corsi per giovani allenatori inoltre devono basarsi soprattutto sulla tecnica individuale, ancor più che su aspetti burocratici, come le carte federali”.
Tornando indietro nel suo passato e ripercorrendo la sua lunghissima carriera : qual è, tra i suoi giocatori, quello che l’ha impressionata di più?
“Di bravi ne ho avuti tanti, da Marchi e Cavasin sino a Floccari e Pasquato. Ma quello che aveva maggiori potenzialità è stato Franco Bressan, un attaccante completo e straordinario che è arrivato a giocare in nazionale giovanile. Poteva fare una grande carriera, ma ha rifiutato la Juve per lo studio”.
E il bomber Floccari com’era?
“Era un ragazzino di 17 anni quando è venuto al Montebelluna, ma aveva la stoffa buona. Ricordo una partita con la juniores al Torneo della Marca ad Oderzo: ha segnato due gol straordinari. Per questo ho insistito perché il presidente Montagner lo tenesse. Si è visto di che pasta era fatto”.
Dispiaciuto di non aver vinto il Seminatore d’oro nel 1971 a causa dell’espulsione nella finale di Coppa a Forte dei Marmi?
«Posso confessarvi a distanza di tanto tempo che mi ero fatto espellere apposta, perché l’arbitro aveva perso il controllo della gara e gli avversari ne stavano approfittando. Dovevo fare qualcosa per allontanare quel pericolo. Il Seminatore, comunque, sarebbe stato un premio individuale. La Coppa invece è stata un trofeo vinto per tutta Montebelluna: per la società e per la città : è questo che conta».
Cosa pensa degli istruttori di calcio di oggi?
“Ritengo che molti allenatori ‘moderni’ insistano troppo sui movimenti, sulle strategie. Importanti, certo. Ma se non hai tecnica, è lavoro perso”.
Come è organizzato il Montebelluna per far crescere i giovani?
“Per centinaia di ragazzi del territorio la nostra società oltre che godere di ottime strutture rappresenta anche un punto di raccolta. Abbiamo delle stanze dove possono mangiare e studiare dopo la scuola e dove gli insegniamo a giocare anche a carte mentre aspettano il pulmino per tornare a casa”. Disponiamo inoltre di una rete fidata di persone in tutto il Veneto e quando è il momento ci muoviamo per andare a vedere i ragazzi. che ci vengono segnalati”.
Puntate solo su calciatori del posto o limitrofi?
“Qualche anno fa, l’AlbinoLeffe era balzata alle cronache per avere una compagine composta unicamente da bergamaschi. Guardando all’estero, è noto lo spirito autarchico dell’Athletic Bilbao. Mentre, in ambito locale, il Montebelluna è celebre per le sue squadre espressioni del vivaio. Nell’ultima d’andata di 2 anni fa, il nostro club ha stabilito forse un record: nel match prenatalizio perso in casa del Ripa, poichè complici le assenze (squalificati De March e Morbioli, infortunato Alba), ha schierato soltanto giocatori cresciuti nella cantera biancoceleste. Il coronamento di un progetto avviato tre anni fa e sostenuto con forza : volere una squadra con elementi a km zero e quel sogno si è avverato. Di questi tempi, ritengo che sia una politica efficace quella di mettere in mostra i nostri talenti, sperando di fare cassa. Intanto, alcuni campioncini di via Biagi sono nel mirino di club importanti. Qualche operazione potrebbe andare in porto a breve. Bologna, Empoli, Vicenza, Siena, Cremonese, Parma, Chievo, Brescia, Cesena, Atalanta, Juventus, Milan e Inter sono le società più interessate. I nomi più ricorrenti sono quelli di Mattia Bonetto (un centrocampista del 97 proveniente dalla Juve Contea che ha fatto tutta la trafila con noi e che vanta già 20 presenze in serie D e la convocazione con la fascia da capitano della Nazionale LND Under 16: giocherà la prossima stagione vestendo la maglia neroazzurra dell’Inter), Gagno, Pavan, Dal Maso, Prosdocimi, Semenzin, Luna e gli emergenti 98 Maronilli e Rizzotto. E quando, come spesso avviene, viene ceduto un elemento importante, cerchiamo subito un adeguato sostituto.A tutti viene data l’opportunità di giocarsi l’occasione della vita. La prima squadra diventa l’approdo naturale, una vetrina fondamentale. E poi c’è la storia, la tradizione che si rinnova”.
Quali sono i risultati e gli obiettivi più prestigiosi che avete centrato ultimamente?
“Il titolo italiano con la categoria Giovanissimi nel 2010/2011 sotto la guida del tecnico Osellame ed il titolo italiano con gli Allievi allenati da mister Bressan nella stagione 2012/2013 così come la vittoria del premio nazionale “Giovani D Valore” (la nostra prima squadra infatti è risultata la più giovane e prima in Italia su 9 gironi ed su un totale di ben 158 squadre dal Nord al sud d’Italia grazie all’utilizzo dei giovani per le stagioni sportive 2012/13 e 2013/14) hanno riempito di orgoglio il presidente Marzio Brombal (fautore della ‘linea verde’) ed il responsabile del settore giovanile Fabrizio Toniutto. Sono riconoscimenti che danno continuita’ alla lunga tradizione di un Settore Giovanile di altissimo livello e concretizzano il lavoro quotidiano di uno staff tecnico preparato e focalizzato sulla preparazione tecnica e comportamentale. Competenza, determinazione ed un pizzico di umiltà sono gli ingredienti che stanno alla base della nostra filosofia e della nostra gestione tecnico/sportiva. Speriamo di avere presto altre conferme come quelle di Mattia; sarebbe una ciliegina sulla torta di un’annata, questa, da incorniciare. A conferma della nostra nobile tradizione, va detto che ben otto ragazzi hanno raggiunto nell’ultimo triennio il calcio professionistico e sono: Mazzocco (’95) e Rossetto (’96) che si sono accasati al Parma, Visentin (’95) al Bassano, Sommavilla (’96) al Chievo, Pazzaia (’96) al Brescia, Yayà Yancouba (’97) al Cesena, Gallina (’98) alla Fiorentina e Campeol (2000) al Milan”.
Anche all’inossidabile segretario del club, Erminio Cecchetto, uno che lavora in questa società da ormai più di 40 anni e che naturalmente si trova nei pressi del campetto dove De Bertoli tiene lezione, chiediamo di darci un suo contributo in materia.
“La tradizione del Montebelluna è davvero basata sul lavoro di qualità del settore giovanile. Non credo che in Italia esista un’ altra società, piccola come la nostra, che abbia vinto così tanto. Ricordo ancora bene quando nell’ estate del 1987, dopo 5 stagioni di fila in C, il club decise di rinunciare, perché l’impegno era diventato troppo oneroso. Allora scendemmo in D senza traumi, e tre anni dopo ancora più in basso, in Eccellenza. Più tardi siamo arrivati perfino in Prima categoria, e di recente c’ è stata, per non farci mancare niente, una fusione con Careano e Montello, che peraltro non ha funzionato. Poco importa. La società è rimasta sempre all’avanguardia coi ragazzini. E adesso si prepara nuovamente a scalare di nuovo la vetta. Il vero fiore all’occhiello da queste parti è la facilità con la quale si sfornano bravi calciatori da mandare in giro per l’ Italia. L’ elenco è di quelli che fan venire la pelle d’ oca .Non stupisce che tanti successi, e soprattutto la ricerca della tecnica, abbiano incessantemente attirato sui ragazzi del ‘Monte’ l’attenzione di molte società professionistiche e della stampa nazionale, se è vero che il ‘Guerin Sportivo’ ci ha dedicato un ampio servizio definendoci una fucina d’oro del calcio italiano. Successi che sono il frutto della mentalità del Calcio Montebelluna (che annovera 12 squadre dai Piccoli Amici del 2007 a scendere sino agli Allievi e oltre 200 tesserati), che crede fermamente nel settore giovanile sino a considerarlo l’essenza stessa della società prova ne è la qualità dei nostri allenatori e dei loro collaboratori: professionisti straordinari, che, pur nella loro specificità, lavorano tutti con gli stessi principi e gli stessi criteri. Qui nasce la nostra qualità”.