Plodio. Per Fabio Abate, classe ’79, valido centrocampista del Plodio, che da anni calca con onore i campi di calcio della Val Bormida, la stagione è iniziata in maniera alquanto sfortunata.
Infatti, pochi minuti dopo l’inizio della prima gara in campionato, ha subito un brutta distorsione al ginocchio sinistro, con interessamento dei legamenti collaterali… infortunio, questo, che praticamente gli ha fatto terminare in anticipo la stagione.
Gioco forza, si è visto costretto ad assumere i gradi di “capitano non giocatore”, compito che sta svolgendo con senso d’appartenenza, in sintonia con lo staff tecnico e con tutto l’ambiente bianco-blu.
Ci vuoi raccontare le tue prime impressioni?
“All’inizio ero parecchio depresso, perché il calcio rappresenta una fetta importante della mia vita. Quest’anno, poi, ero carico al cento per cento, il ruolo di capitano mi aveva dato responsabilità, ma soprattutto entusiasmo. Pensavo di chiudere la carriera in bellezza, ma, purtroppo, il destino è stato poco benevolo; comunque, passato lo scoramento iniziale, anche grazie alla vicinanza di mia moglie Giorgia, mi sono buttato a capofitto nel nuovo ruolo, cercando di essere d’aiuto ai compagni. Di questa impronta caratteriale, devo ringraziare gli insegnamenti educativi e sportivi di mio padre Angelo (ndr, valente allenatore valbormidese)”.
In questo inizio di torneo, a parte le prove incolori con Priamar e San Flippo Neri, il Plodio ha giocato buone gare, raccogliendo meno del meritato, secondo te da cosa è dipeso?
“La squadra ha patito l’addio al calcio del suo capitano Max Brignone, di Broglio e Bossolino, i cui apporti d’esperienza e grinta si facevano sentire in campo e nello spogliatoio. La rosa è ora molto giovane e senza quel ‘quid di cattiveria’, che ti fa finalizzare in goal quanto espresso. Manca un leader in mezzo al campo, che oltre a dettare i tempi, faccia da catalizzatore del gioco. E poi la fortuna non ci ha dato una mano… vedi, ad esempio, qualche giocatore fermo ai box da lungo tempo per infortuni vari, come Schinca, Sismondi… ed ecco che il cocktail è servito”.
Quali pensi possano essere i rimedi necessari per dare una sterzata all’attuale trend, in modo da centrare l’ennesima salvezza?
“Lavorare tanto, come abbiamo peraltro fatto sinora, con la massima determinazione; il gruppo c’è ed è solido, per cui sono fiducioso per il futuro del ‘Cioi’ (così viene chiamato il Plodio, nel dialetto della Valle Bormida)”.
Quale compagno di squadra, ti ha favorevolmente impressionato in questo primo quarto di stagione?
“Il giovane Simone Resio, classe ’93, ha tutto per riuscire a essere determinante; è dotato di una forza fisica straripante, è bravo nel gioco aereo, ha voglia, entusiasmo e la giusta ‘fame’; è destinato ad un futuro in categorie superiori. Se poi posso fare un altro nome, vorrei citare Manuel Paglionico, ala veloce e disposta al sacrificio, che può fare cose importanti”.
Il calcio di oggi è mutato profondamente, rispetto ad una volta, complice la crisi economica, ma anche per scarsa educazione sportiva e comportamentale… cosa ne pensi al riguardo?
“A livello di settori giovanili, credo che si debba cercare di far crescere i ragazzi con la passione d’una volta… ma soprattutto i genitori devono smetterla di pensare d’avere in casa il nuovo Maradona, concentrando l’educazione sui valori sociali dello sport. Mi auguro che passi l’attuale moda di ingaggiare allenatori abbinati ad uno sponsor o a cordate di giocatori, ma che si inizi a dare spazio alla meritocrazia. I dirigenti devono dare un giro di vite ai rimborsi faraonici di parecchi giocatori… Insomma, a livello dilettantistico, si deve giocare per il piacere di farlo, per socializzare, per costruire qualcosa insieme. Quanto alle istituzioni, ritengo che dovrebbero porre maggior attenzione al mondo dello sport, proprio per le valenze che riveste”.